Since it is a relatively short piece why not save us from our shame by translating it?
From: vandermok <vandermok@...>
To: evola_as_he_is@yahoogroups.com
Sent: Wednesday, May 13, 2009 6:21:20 PM
Subject: Re: [evola_as_he_is] Re: America Negrizzata
Julius Evola
AMERICA NEGRIZZATA
Or non è molto si è appreso dai giornali che, secondo alcuni calcoli fatti, entro il 1970 la metà della popolazione nuovayorkese di Manhattan sarà di razza negra e che nei cinque distretti che compongono l'intera città di Nuova York il 28 per cento degli abitanti sarà di razza di colore. Sviluppi nello stesso senso sono stati accertati anche in altre città e parti degli Stati Uniti. Si assiste ad una negrizzazione, ad un meticciamento e ad un regresso della razza bianca di fronte a razze inferiori più prolifiche.
Naturalmente, dal punto di vista della democrazia in un tale fenomeno non si trova nulla di male, al contrario. Si sa dello zelo e della intransigenza dimostrati negli Stati Uniti dai fautori della cosiddetta «integrazione razziale », la quale non può che favorirlo ulteriormente. Peraltro, costoro non solo propugnano la completa promiscuità razziale sociale e vogliono che i negri abbiano accesso libero a qualsiasi carica pubblica e politica (per cui, di rigore, ci si potrebbe aspettare, in avvenire, anche un presidente negro degli Stati Uniti), ma non hanno nulla da eccepire che i negri mescolino il proprio sangue con quello del loro popolo di razza bianca. Per una propaganda in tale senso un esempio caratteristico è il dramma dal titolo Profonde sono le radici (s'intende: del «pregiudizio» razziale), che fra l'altro la radio italiana ha sentito il bisogno di ammanirci più di una volta.
Si sa che agli «integrazionisti », i quali traggono queste logiche quanto aberranti conseguenze dal dogma della democrazia egualitaria e mentre parlano a tutto. spiano di libertà, partendo da tale dogma propugnano un regime di autentica imposizione (1), si op pongono ancora, specie negli Stati del sud, alcuni gruppi che non intendono lasciare via libera all'avanzata della razza negra e alla « negrizzazione» del loro paese. Però costoro non si rendono conto dell'estensione del fenomeno, nel senso che essi di tale fenomeno scorgono solamente gli aspetti piu materiali e tangibili; essi non vedono in che misura l'America è « negrizzata » in termini non pure demografico-razziali ma sopratutto di civiltà, di comportamento, di gusti, quindi anche quando non esistono vere e proprie commistioni col sangue negro.
Per l'America U.S. è stata usata, non a torto, la similitudine di un crogiuolo. Essa effettivamente ci presenta uno dei casi in cui da una materia prima quanto mai eterogenea ha preso forma un tipo umano il quale presenta caratteristiche in larga misura uniformi e costanti. Uomini dei popoli più diversi trasferendosi in America ricevono, peraltro, la stessa impronta; è raro che dopo due generazioni essi non perdano quasi tutte le loro caratteristiche originarie e non riproducano un tipo abbastanza unitario come mentalità, sensibilità e modo di comportarsi: il tipo, appunto, americano.
Però non sembrano calzare, a tale riguardo, teorie come quelle formulate dal Frobenius e dallo Spengler, i quali hanno supposto una stretta relazione fra le forme di una civiltà e una specie di «anima» legata all'ambiente naturale, al «paesaggio» e alla popolazione originaria. Se cosi fosse, in America una parte essenziale avrebbe dovuto averla l'elemento indigeno, costituito dagli Amerindiani, ossia dai pellirosse. I pellirosse erano razze fiere con un loro stile, con una loro dignità, una loro sensibilità e una loro religiosità; non a torto uno scrittore tradizionalista, F. Schuon, ha parlato della presenza, nel loro essere, di qualcosa «di aquilino e di solare». E noi non temiamo di affermare che se fosse stato il loro spirito ad improntare in misura sensibile, nei suoi migliori aspetti e su un piano adeguato, la materia immessa nel «crogiuolo americano», il livello della civiltà americana sarebbe stato probabilmente più alto (2).
Invece, a prescindere dalla componente puritano-protestante (la quale, a sua volta, per via della valorizzazione feticistica dell'Antico Testamento, accusa non pochi sfaldamenti ebraicizzanti), sembra che proprio l'elemento negro, nel suo primitivismo, abbia dato il tono ad aspetti rilevanti della psiche americana. È già caratteristico il fatto che quando in America si parla di folklore, è ai negri che ci si riferisce, quasi che essi fossero gli abitanti originari del paese. Per cui, come un'opera classica che si sarebbe inspirata al «folklore americano» negli Stati Uniti viene considerato il famoso Porgy and Bess dell'ebreo Gershwin, che tratta esclusivamente di negri. Lo stesso autore ebbe a dichiarare che per ambientarsi trascorse un certo periodo proprio fra i negri d'America.
Ma ancor piti cospicuo e generale è il fenomeno costituito dalla musica leggera e dal ballo. Non si può dar torto al Fitzgerald il quale ha detto che, in uno dei suoi principali aspetti, la civiltà americana la si può chiamare una civiltà del jazz, il che vuoI dire
di una musica e una danza negrizzate o negrizzanti. In questo dominio, singolarissime « affinità elettive » hanno portato, lungo le vie di un processo regressivo e di primitivizzazione, l'America a inspirarsi proprio ai negri, quasi come se a cercare ritmi e forme frenetiche come eventuale giustificabile compensazione per la disanimazione della civiltà meccanica e materiale moderna molto di meglio non avrebbero potuto offrire fonti molteplici reperibili nell'area europea - in altra occasione, abbiamo accennato, ad esempio, ai ritmi di danza dell'Europa sud-orientale, che spesso hanno veramente qualcosa di dionisiaco. Ma l'America ha fatto la sua scelta ispirandosi ai negri e agli afro-cubani, e da essa il contagio si è esteso a poco a poco a tutti gli altri paesi.
La componente negra della psiche americana era stata già notata a suo tempo dal psicanalista C. G. Jung. Vale riportare alcune sue osservazioni:
« Ciò che mi stupì molto, fra gli Americani, fu la grande influenza del negro. Influenza psicologica, perché non voglio parlare di certi miscugli di sangue. Le espressioni emotive dell'Americano e, in primo luogo, il suo modo di ridere, si possono studiare benissimo nei supplementi dei giornali americani dedicati al society gossip. Quel modo inimitabile di ridere, di ridere alla Roosevelt, è visibile nella sua forma originale presso il negro americano. Quel caratteristico camminare con le articolazioni rilassate ovvero bilanciando i fianchi che cosi spesso si vede negli Ameri
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